Intervista al signor Paolo Colleoni del Marelèt di Treviglio, miglior Bar 2017


Marelèt Treviglio_Artebianca

 

Felici del grande risultato ottenuto dal Marelèt di Treviglio con la vincita del Premio Illy Bar dell’Anno 2017, abbiamo chiesto al signor Paolo Colleoni, proprietario e amministratore del bar Marelèt e della Locanda Osteria Contemporanea, clienti Artebianca, la cortesia di una breve intervista per capire quali sono i valori e i plus che portano oggi un bar a raggiungere l’eccellenza nel settore.

Il signor Colleoni si è dimostrato persona squisita e disponibile, oltre che preparata e professionale. Desideriamo pertanto ringraziarlo della disponibilità e auguriamo ai suoi locali di continuare a dare un importante contributo alla ristorazione e ospitalità italiana.

Ecco l’intervista!

 

Gambero Rosso ha espresso quali sono stati gli elementi di giudizio che hanno permesso alla sua realtà di aggiudicarsi il premio Illy, il più importante della manifestazione. In particolare: versatilità, propensione all’innovazione e varietà della proposta. Oltre a questi, quali ritiene siano i fattori di maggior successo per il suo locale?

I fattori di maggior successo sono, secondo me, la tradizione e la qualità. In particolare la qualità del prodotto, a cui pensiamo ogni giorno in modo molto attento, curando i piccoli particolari e cercando di migliorarla sempre più. È una strada ancora lunga, perché siamo appena partiti: il Bar e la Locanda Osteria Contemporanea hanno solo un anno e mezzo, e quindi siamo consapevoli di avere ancora molti difetti, ma questo premio ci ha caricato ulteriormente e ci ha dato un incentivo ancora maggiore per lavorare sodo.

 

Se oggi l’innovazione continua della proposta è fondamentale per un bar di successo, quanto investe in innovazione ogni anno in percentuale rispetto al fatturato?

Fare un conto economico è difficile. C’è da dire che per noi “innovazione” significa anche e soprattutto “aggiornamento”, utilizzare cioè quello che oggi il mondo può offrire, quindi stage professionali, incontri con altri colleghi, confronti, andare a vedere e fare strada per conoscere nuove tecniche o nuovi modi di presentare. In questo senso, la curiosità è alla base di tutto, è quello che ti porta, che ti dà lo stimolo per poter innovare. Quindi l’innovazione è sostanzialmente, secondo noi, un percorso verso la propria identità da fare giorno per giorno, non è un’idea da prendere, applicare e basta. Questo ti può portare ad essere “innovativo”.

 

Sappiamo che il bar è un business che in Italia ha grande importanza, tanto da aprire alla possibilità di franchising per grandi multinazionali. Lei crede che quella del franchising targato Italia, come ad esempio Eataly per la ristorazione, possa avere senso anche per la dimensione bar? 

Credo che il freno verso un franchising del bar italiano sia che l’Italia è fondata sostanzialmente su imprese ancora familiari, ed è fondata ancora molto sulle persone. Dietro, cioè, alla proposta innovativa, qualitativa, continuativa, di grande impatto che il bar italiano, in genere, può dare, ci stanno sempre delle persone e, a differenza delle grandi catene multinazionali dove è il marchio che comanda, alla fine che il bar in Italia si chiami “Bar Italia” o “Bar Roma” o “Marelèt”, quello che è importante è l’anima che ci sta dentro ed è questo che ancora fa la differenza rispetto alle grandi multinazionali. Si tratta di un approccio ideale secondo me diverso: applicarlo all’Italia, non lo so, magari arriveremo anche noi a sistematizzare un modo di fare bar che possa essere esportato completamente. I primi tentativi già ci sono se guardiamo appunto alla grande iniziativa di Eataly: Eataly oggi rappresenta l’Italia in tutto il mondo ed è un brand ormai internazionale, ma, appunto, non è propriamente un bar.

 

Quanto è importante la qualità dei prodotti, intendendo sia delle materie prime sia della trasformazione, in un bar rispetto ad altri valori come prossimità, estetica del locale, eventi, ecc.?

La materia prima è tutto. Tu puoi fare il bar più bello del mondo, ma se offri un prodotto che non è buono, è scarso, sicuramente tanti clienti non torneranno e andrà sempre peggio. Al primo posto in assoluto c’è quindi l’avere e il rispettare una materia prima di qualità. Poi, è logico, bisogna fare i conti, bisogna riuscire a trasformarla in modo adeguato eccetera, però partire da una materia prima di qualità è fondamentale, perché la clientela, soprattutto italiana, guarda per tradizione al buono e al bello, non solo al bello e buono.

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